di Gianluca Berno
Ciao a tutti, cari lettori,
prima di caricare una nuova pagina della storia a fumetti sul Titanic, mi sono preso una pausa in considerazione del fatto che, come avete visto dalle didascalie, a pagina 12 finisce il primo tempo. Allora ho pensato d’approfittarne per riassumere i punti salienti di quella storia e dire qualcosa in più sui personaggi che compaiono. Spero vi interessi; in ogni caso, fatemi sapere, perché l’idea sarebbe di fare altrettanto alla fine dei tempi successivi, che sono altri tre. Vi lascio il tempo di metabolizzare la cosa…
Cominciando dai punti salienti, il più grosso è la coincidenza di nascite tra nave ed iceberg. La baia di Ilulissat, in Groenlandia, è la fabbrica dei ghiacci galleggianti: circa l’80% degli iceberg dell’Atlantico Settentrionale nasce da quel ghiacciaio. Il nostro iceberg dev’essersi staccato più o meno mentre cominciavano i lavori ai Cantieri Harland & Wolff di Belfast, dove presero forma in quest’ordine l’Olympic, il Titanic e il Gigantic (questo venne poi varato durante la guerra, nel 1915, col nome Britannic e fu una nave ospedale, affondata da una mina subacquea l’anno dopo). L’iceberg vagò spinto dalle correnti per anni, su nella baia di Baffin, poi lungo le coste canadesi fino a Terranova, il punto oltre il quale i ghiacci alla deriva passano solo in primavera, e allora diventano pericolosi.
Un altro punto sono quegli errori e quelle tragiche decisioni che costellano progettazione e costruzione della nave: approfittando di una legge molto vecchia e inadeguata, l’armatore Joseph Bruce Ismay impose di non mettere abbastanza scialuppe per tutti i passeggeri ma solo il minimo, come si vedrà meglio in séguito. Inutili furono le obiezioni di Alexander Carlisle, l’architetto, e di Thomas Andrews, il capo ingegnere della Harland & Wolff. Nella scena del varo (pp. 4-5) questi non fa in tempo a segnalare che le paratie stagne ci sono ma sono troppo basse; se ne parlerà più avanti.
Il Titanic partì da Southampton il 10 aprile 1912, a mezzogiorno, al comando del capitano Edward John Smith. Per le sue dimensioni, il piroscafo non dovrebbe percorrere un canale con la forza delle sue macchine: il movimento delle eliche muove tanta acqua che la nave attira contro di sé il piroscafo New York, che – non lo dico nel fumetto, ma lo dico ora – era il panfilo di J.P. Morgan, il finanziatore del Titanic. L’incidente è evitato, ma somiglia sinistramente a quello che aveva coinvolto l’Olympic e l’incrociatore inglese Hawke il 20 settembre 1911, quasi nello stesso luogo… Tra i membri dell’equipaggio compaiono soprattutto, in questa parte, il quinto ufficiale Harold Lowe (quello che spazzola la giacca a p. 7); il secondo ufficiale Charles Herbert Leightoller che testimoniò alle inchieste dopo il disastro ed è protagonista nel film Titanic, latitudine 41 Nord (1958), interpretato da Kenneth Moore; il comandante in seconda Henry Tingle Wilde, che venne chiamato a svolgere quel ruolo all’ultimo momento, provocando la retrocessione dei primi due ufficiali dopo il capitano e lo sbarco dell’ex secondo ufficiale David Blair. Se ne parla sempre a p. 7…
Tra i personaggi già a bordo è interessante il seminarista Frank Browne, irlandese e compagno di studi dell’ancor sconosciuto James Joyce. Tornava da un viaggio «sul continente» finanziato dallo zio, il vescovo di Cloyne, che lo attende a Queenstown, dove ha la sede. Egli è uno degli otto fortunati che s’imbarcarono sul Titanic solo per un passaggio e ci ha lasciato la maggior parte delle rare foto dell’interno della nave in viaggio. Non so se abbia mai davvero incontrato, come capita nella mia storia, William Thomas Stead, direttore di riviste, pioniere del giornalismo d’inchiesta, polemista, convinto spiritista, papabile per il Premio Nobel per la Pace dell’anno 1912. Sua era stata la serie di scandalosi reportage sulla prostituzione minorile nell’Inghilterra vittoriana, il cui risultato fu una legge penale. Purtroppo fu un cavillo della stessa a far incarcerare Oscar Wilde, condanna deprecata con forza dal giornalista. La sua altra grande battaglia, per ora solo allusa, era quella sull’aggiornamento della Legge sulla Sicurezza in Mare, che al momento della partenza del Titanic era vecchia di 18 anni e basava la capienza delle scialuppe di salvataggio obbligatorie sul tonnellaggio della nave e non sul numero dei passeggeri… Il professor Lawrence Beesley, vedovo, viaggiava in Seconda Classe; fu il solo sopravvissuto del suo ceto sociale a ottenere molta attenzione dalla stampa, tanto da pubblicare la sua testimonianza in un libro; compare come personaggio solo in S.O.S. Titanic (1979).
La nave fece scalo a Cherbourg, importante porto francese sulla Manica, la sera stessa, in ritardo di un’ora per colpa del rischiato incidente. Salgono a bordo in quella circostanza alcuni importanti membri di quello che oggi sarebbe il jet-set. Il colonnello John Jacob Astor IV, milionario nuovayorkese, s’imbarca con l’appena diciottenne seconda moglie, Madeleine Force, figlia di un commerciante. Dopo il chiacchieratissimo divorzio dalla prima moglie, i due colombi erano convolati a nozze e avevano raggiunto l’Europa per una lunga luna di miele: in attesa del rampollo, si imbarcano sul Titanic per tornare a casa. Famosa col nomignolo “Molly”, affibbiatole post mortem da un giornalista che ne scrisse una biografia molto romanzata e mai usato per designarla in vita, Margaret Tobin Brown era diventata ricchissima tutta d’un colpo quando suo marito trovò l’oro in Colorado. Dopo il divorzio viaggiò moltissimo, oltre a dedicarsi a attività filantropiche e lotte femministe. Di carattere forte e poco incline alle minuzie dell’etichetta, era senz’altro un personaggio pittoresco. Interessante è la storia di Edith Rosenbaum, giornalista di moda di Chicago di origini ebraico-tedesche che aveva passato le vacanze invernali in Algeria, dove un indovino capace di leggere nella sabbia le aveva profetizzato un incidente in mare… Durante la Grande Guerra si naturalizzò americana, cambiando il cognome in Russel, per conservare il lavoro. Erroneamente – mea culpa – faccio imbarcare a Cherbourg, e non a Southampton, il re del rame Benjamin Guggenheim, americano d’origini ebraiche, la cui figlia Peggy avrebbe fondato il Museo omonimo. Il milionario si era portato dietro in quel viaggio di ritorno a casa la sua amante, madame Aubart, una ballerina francese che viaggiava in assoluta discrezione in un’altra cabina.
Queenstown, oggi Cobh, era il porto da cui partivano tradizionalmente gli emigranti irlandesi. Come era capitato a Cherbourg, non essendo il porto abbastanza grande da ospitare il Titanic, i passeggeri raggiunsero la nave con un paio di lance a motore: il Nomadic per la Prima e la Seconda Classe e il Traffic per la Terza in Francia; l’Ireland e l’America in Irlanda, con identiche divisioni. In particolare, il Nomadic sopravvisse alla scomparsa, negli anni Venti, della stessa White Star Line, fagocitata dalla concorrente Cunard: trasformato in ristorante galleggiante sulla Senna, a Parigi, è oggi a Belfast, al Museo del Titanic, ristrutturato. Si tratta del solo resto tutt’ora esistente della flotta della White Star.
Direi di aver detto tutto quel che mi interessava dire, per ora… Alla prossima!
8 novembre 2016 at 19:25
Se non sbaglio, dovrebbe esistere un romanzo che sembra “prevedere” di molti anni il disastro del Titanic.
Bufala?
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8 novembre 2016 at 20:36
No, esiste: M. Robertson, “Futility. The Wreck of the Titan”, pubblicato nel 1896, ossia 14 anni prima del viaggio sventurato. Lo scrittore, che aveva goduto di fortuna alterna e era in causa col brevettatore del periscopio perché credeva d’averlo inventato lui anticipandolo in un suo libro, non vendette quasi una copia quella volta. Morì di intossicazione alimentare a New York. Poi accade il disastro vero e il libro comincia a vendere…
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8 novembre 2016 at 20:38
Fare il veggente non gli ha portato molta fortuna.
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8 novembre 2016 at 20:42
Non lo sapeva. Si limitò a usare bene un po’ di dettagli tecnici che conosceva. Anche W.T. Stead, di cui parlo nell’articolo, scrisse un paio di racconti sulle stesse premesse, per dimostrare all’opinione pubblica “…quel che potrebbe accadere, che anzi precisamente accadrà se le navi continueranno a viaggiare senza scialuppe sufficienti”. Il resto della sua storia, tra le prossime pagine…
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10 novembre 2016 at 13:07
Come ti avevo detto, ho guardato la storia (Titanic) e prima ancora passato il blog, struttura ecc.
Ho molte impressioni da riferirti, preferisco passartele con mail, questa essendo sede asfittica che non si presta a discorsi allargati.
Solo che qui non ho trovato un indirizzo di posta nè un modo di comunicare al di fuori del presente.
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10 novembre 2016 at 18:27
Ti mando il mio: gianlub94@gmail.com
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23 novembre 2016 at 22:18
Ah, qui prolisso… non conoscevo i personaggi. Quanti libri hai letto in merito? E se posso… quali? Soltanto saggi storici riconosciuti come tali o anche materiale meno ufficiale?
Bella spiegazione, ci voleva. Qui in W.P. intendo.
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23 novembre 2016 at 22:28
Penso di pubblicare una bibliografia e una filmografia alla fine di tutto il fumetto, anche se ogni tanto cito qualche titolo nelle note introduttive. Sarebbe un po’ lungo rispondere qui…
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23 novembre 2016 at 22:30
Davvero documentato.
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23 novembre 2016 at 22:39
Mi pare il minimo, se ci si cimenta con una storia vera. Se no, il lettore non potrebbe fidarsi, e sarebbe un delitto.
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23 novembre 2016 at 22:30
Vado alla 6. Allora manca?
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23 novembre 2016 at 22:39
Io nella pagina la vedo.
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26 novembre 2016 at 16:32
Complimenti per il lavoro che hai fatto e che c’è dietro la realizzazione di ogni singola tavola… TOrno a leggere la seconda parte!
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26 novembre 2016 at 18:22
Grazie, buona lettura!
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27 novembre 2016 at 15:32
Ottimo lavoro! Belli i disegni, la sceneggiatura, l’ambientazione e l’atmosfera generale. Interessante la ricostruzione storica, e come essa viene riprodotta in ogni striscia del fumetto. Armonica anche la visione della pagina, (non sono esperta di fumetti, quindi uso parole improprie), intendo la distribuzione delle scene larghe e quelle più ristrette. Umorismo, presentimenti oscuri, coppie furtive, incroci di vite .. c’è tutto! Trovo anche buona l’idea di dividere la storia in tre tempi; la scelta di questa prima parte mi sembra avvenire al momento giusto (ma questo è da vedere dopo).
Insomma, mi sono appassionata, catturi bene l’attenzione😀.
Alla prossima, allora.
Alle prossime
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27 novembre 2016 at 16:51
Grazie infinite!
Ammetto che per questo fumetto non ho lavorato a una sceneggiatura, mi limitavo a seguire la storia che avevo in mente appoggiandomi a varie fonti d’ispirazione e inquadrature di tipo cinematografico. Se il risultato è stato così ben accolto, ciò mi fa ben sperare nella mia prova successiva, un fumetto per realizzare il quale sto ricorrendo a una sceneggiatura – sarebbe molto più difficile far senza e mi rendo conto della necessità in ogni caso di servirsene.
Ti ringrazio dei bellissimi complimenti: spero che le successive tre parti si rivelino una occasione di conferma. A presto! 🙂
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