di Gianluca Berno
È passato da poco il 7 novembre, data in cui comincia la narrazione in un famoso romanzo che fa capolino in questi versi ed è legato al luogo simbolico milanese di questa poesia, in endecasillabi sciolti.
Quando i giardini di Porta Venezia
giungono al limite settentrionale,
ecco inarcarsi la terra e mostrare
gli ossi di fuor, rocciosi e tutti muschio,
all’ombra di qualche albero frondoso:
lì passa il tram su viale Tunisia,
lì torreggiava la cinta spagnola,
lì conveniva che Milan finisse.
Oltre il naviglio, le mura, il fossato,
sorgeva un edificio largo e basso
che fatto sol pareva di cortili:
era il Lazzaretto, l’albergo estremo
d’ogni dolore e gran tribolazione,
dove, ogni volta che veniva peste
a funestar le vite milanesi,
si raccoglievano in massa i malati,
qualcun salvando e molti più lasciando
alla mercé dell’incurabile ira
d’un piccolo batterio che sguazzava
nella mancanza d’un poco d’igiene:
esso colpiva le pulci dei ratti,
bloccava lor la via di quel sistema
che fa del pasto nutrimento e scarti;
la bestiolina succhiava e sputava
perché ingoiare non l’era più dato,
poi, già contaminata, si spostava
indifferente dal ratto sull’uomo,
ch’era ugualmente sporco e appetitoso.
Nessun sapendo tutte queste cose,
rimedi circolavano ben strani,
qualcuno giusto per botta di fondo;
e spiegazioni assurde sui motivi
facevano impazzire e i ricchi e il volgo:
così nel ’30 del diciassettesimo
secolo, argomentava don Ferrante
che la ragione era la congiunzione
di Giove con Saturno, che era chiaro
fosse maligna e fonte di sventure;
mentre nel popolino si spargeva
col germe della peste quello odioso
che sospettare fa pur dei parenti.
V’era certezza che malvagi untori
spargessero letali unguenti ovunque
per non si sa qual volontà di male
cieca e totale, senz’alcun guadagno.
Già solo questo avrebbe rinsavito
chi fosse stato pronto a ragionare;
ma la paura e tanta convinzione
s’erano impossessati della folla,
che non trovando chiare spiegazioni
pure i potenti credevano a tutto.
Qualcun si chiese, come il cardinale,
se fossero credibili le voci;
ma poi, tirando per la giacca gli altri,
ciascun finì per starsene neutrale.
Contro la peste marciò in processione
mezza città, sì che aggravò il bilancio
del Tribunale della Sanità.
Ci furono processi con torture,
che già meglio di me dei grandi autori
descrissero attingendo a molte fonti;
un sopra tutti si lanciò a parlare
pure del Lazzaretto di Milano,
mettendovi la storia di due sposi
che par sia conosciuta. Oggi le mura
son abbattute e non c’è più il naviglio,
non più il fossato e manco il Lazzaretto:
quattro isolati di palazzi enormi
circondano la chiesa di San Carlo
che stava al centro della costruzione;
ancor s’ammira, piccola e invecchiata
in mezzo a una piazzetta, e fa memoria
di lacrime e sospiri, lutti e grazie,
d’ingressi sconsolati e poche uscite,
e pur di quella storia che iniziava
sul ramo di quel lago manzoniano.
12 novembre 2017 at 12:02
Un luogo che già nel nome evoca tristezza e dolore; mi ha sempre impressionato pensare al clima di paura e sgomento che doveva avvolgere la città quando scoppiava l’epidemia… Mi piace questa tua resa in versi, gentile ed evocativa
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12 novembre 2017 at 14:02
Grazie dei complimenti. In effetti, ripercorrendo la strada che ho fatto nel comporre, viene fuori un percorso un po’ strano, un po’ letterario, un po’ storico, un po’ scientifico… e tutto partendo dalle indicazioni stradali 😅
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12 novembre 2017 at 18:55
Però, sei veramente bravo.
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12 novembre 2017 at 19:08
Ci provo 😉
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18 novembre 2017 at 8:51
Complimenti di cuore per una pagina che riporta al Manzoni e con lui al tempo della scuola.ormai ricordo ben lontano. Grazie. Veramente bello. Buona giornata. Isabella
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18 novembre 2017 at 8:53
Grazie a te, buona giornata. Gianluca.
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18 novembre 2017 at 10:20
Grazie Gianluca. Tornero’a leggerti con piacere. Buon weekend. Isabella
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18 novembre 2017 at 17:23
Altr’e tanto, passerò volentieri anch’io da te. Buon fine settimana 🙂
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18 novembre 2017 at 19:15
Grazie. A presto. Isabella PS Sarò ben felice d’accoglierti
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18 novembre 2017 at 19:16
Grazie. Avevo cominciato una lettura – carina fin dove sono arrivato – ma devo smaltire un po’ di articoli. Arrivo appena possibile, promesso 😉
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18 novembre 2017 at 19:25
Quando puoi, non c’è fretta. Ciao
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18 novembre 2017 at 19:27
Grazie, ciao a te 🙂
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18 novembre 2017 at 22:54
Un luogo di dolore…le tue parole sono una rievocazione.
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18 novembre 2017 at 22:58
Grazie, anche perché poco altro si può fare in mancanza del luogo fisico.
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